POLITICI, CON CHI STATE?

Abbiamo sottoposto alcuni candidati alle domande programmatiche del gioco di Openpolis 'Voi siete qui'. Scoprendo ad esempio che Giovanardi risulta vicino a Storace e che Civati (Pd) invece dovrebbe votare Sel Carlo Giovanardi, Pdl, nella Destra di Storace. Il candidato Pd alla Camera Pippo Civati e l'attivista del MoVimento 5 Stelle Vito Crimi più vicini a Sel che al loro partito. Ugo Arrigo, di FARE per Fermare il declino addirittura a un passo dal Pd. A Giannino è invece più vicino il montiano Benedetto Della Vedova. Se a decidere l'orientamento politico fosse il test di Openpolis per le politiche 2013, 'Voi siete qui', questi sarebbero i risultati più eclatanti tra quelli ottenuti dall'elaborazione delle risposte fornite dagli interpellati dall'Espresso. Fedelissimi invece il leghista Manes Bernardini, il comunista ingroiano Paolo Ferrero, l'Udc Roberto Rao e – forse a sorpresa – l'ex grillino passato in Rivoluzione Civile, Giovanni Favia. Un gioco, certo, ma che ha funzionato per tanti degli oltre 260 mila cittadini circa che vi si sono sottoposti in pochi giorni. E che, a parte la curiosità di osservare i piazzamenti non di semplici utenti, ma di candidati alle prossime politiche, serve per comprendere le posizioni – pur qui espresse a titolo indviduale - dei vari schieramenti rispetto a temi cardine della campagna elettorale in corso: dall'abolizione dell'Imu sulla prima casa a indulto e amnistia, dal conflitto di interessi al rispetto del Fiscal Compact, dalle spese per gli F35 al testamento biologico. Soprattutto, è un modo per comprendere le differenze che inevitabilmente si presentano all'interno dello stesso schieramento, o tra forze politiche che potrebbero formulare accordi di governo a urne chiuse. Si prendano Roberto Rao, candidato nelle file dell'Udc, e Della Vedova, nella lista del presidente del Consiglio Monti al Senato. Sull'introduzione di una riforma in senso presidenzialista, per esempio, il primo è contrario mentre il secondo è «molto favorevole»; sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, il braccio destro di Casini è «tendenzialmente contrario», l'esponente di Fli è invece convintamente d'accordo. Ma è sui diritti civili che il disaccordo è massimo: se Rao si dice «contrario» al riconoscimento giuridico delle unioni civili tra conviventi, con equiparazione del trattamento a quelli dei coniugi, Della Vedova invece risponde assegnando il massimo assenso. Tema con cui c'è maggiore affinità con le posizioni di Civati: così come sul diritto di cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia secondo il principio dello ius soli, sullo stop al consumo del territorio e sulla necessità di rivedere finalmente la normativa sul conflitto d'interessi. Nel centrodestra, invece, a dividere Guido Crosetto (Fratelli d'Italia) e Carlo Giovanardi (Pdl) sono soprattutto il finanziamento pubblico dei partiti (il primo è d'accordo, il secondo assolutamente no), i diritti civili (scontato il no all'equiparazione di coniugi e coppie di fatto di Giovanardi) e l'incompatibilità di cariche pubbliche e private (non se ne parla per il primo, se ne parla eccome per il secondo). Che distingue Crosetto anche rispetto al responsabile immigrazione della Lega, Bernardini, sulla stessa lunghezza d'onda dell'ex sottosegretario alla presidenza del consiglio. Posizioni opposte tra l'esponente del Carroccio e quello di Fratelli d'Italia anche sui caccibombardieri: la conferma del piano di finanziamento non piace affatto al primo, mentre convince il secondo (anche se solo «tendenzialmente»). «L'ho tagliata io quella spesa», precisa Crosetto, «quando sono stato ministro ho ridotto il contratto e costretto a portare il 75% della produzione in Italia. Tuttavia, «si tratta di decidere se vogliamo o meno un'industria della difesa, che oggi dà lavoro a 150mila persone. Tutto il resto sono slogan. E per me sì, bisogna continuare a investire in questo settore». C'è un solo tema che mette d'accordo tutti e dieci gli interpellati: l'accesso agli atti in possesso delle amministrazioni pubbliche tramite una norma modellata sul Freedom of Information Act anglosassone. Ossia, trasparenza totale. A prescindere dal colore politico, la risposta è stata univoca: «molto favorevole». Un segnale di buon auspicio per un tema in cui ai tanti buoni propositi, anche accompagnati dall'approvazione di norme decisamente migliorative rispetto a quella precedente (in vigore dal 1990), faticano a sostituirsi i fatti. «Il problema è l'applicazione», sottolinea il 'grillino' Crimi, «e sanzionarne la non applicazione». Altro tema su cui c'è sostanziale accordo è l'introduzione di un «reddito minimo garantito» non inferiore ai 600 euro per chi sia senza lavoro e abbia rendito inferiore ai 7200 euro: nessuno degli interpellati si è detto «contrario» o «fortemente contrario». I dubbi maggiori sono venuti da Crosetto e Rao, entrambi «tendenzialmente» in disaccordo con la proposta. «E' un sogno incompatibile con il nostro bilancio», argomenta l'ex sottosegretario alla Difesa, «piuttosto diamo strumenti alle imprese perché possano assumere senza costi». Molto simili le posizioni di Crimi e Favia. E del resto il primo è candidato al Senato nelle liste lombarde del MoVimento 5 Stelle, il secondo ne è appena uscito (è la più celebre tra le «epurazioni») a seguito dei dissidi con il duo Grillo-Casaleggio. Non sorprende, dato che alcune domande nel test di Openpolis rappresentano battaglie storiche del M5S: dalle pene «severe» per il falso in bilancio al no al denaro pubblico ai partiti. Anche se Favia precisa: «Ma lo stato dovrebbe garantire i servizi per permettere loro di farsi conoscere, dei fondi standard per tutti». Meno scontata la consonanza di vedute in tema di «flexsecurity», verso cui non c'è una ostilità pregiudiziale, ma una presa d'atto, ben riassunta dal collega di Rivoluzione Civile e segretario di Rifondazione Comunista, Ferrero. Ferrero si dice «molto contrario» (favorevoli, pur se con diverse sfumature, i due ex compagni di attivismo): «Considero una pura presa in giro che si faccia un parallelo tra Italia e Danimarca», argomenta, «dove hanno l'80% della forza lavoro maschile e femminile occupata, mentre in Italia è il 57% e adesso è forse intorno al 50». L'unica differenza di rilievo tra Favia e Crimi emerge su indulto e amnistia: «favorevole» il primo, «tendenzialmente contrario» il secondo. Il più fuori scala di tutti è Arrigo, candidato nel movimento di Oscar Giannino. Tra Pd e Centro Democratico, molto più vicino ai Radicali che a Fare, il lombardo a caccia di un posto a Montecitorio parla, come i democratici, di impossibilità dell'abolizione dell'Imu, ma al contempo della necessità di un suo rimodellamento: «Va adeguata alla dimensione delle famiglie», dice; «La vogliamo togliere a 2/3 degli italiani, a partire dai più bisognosi», la posizione di Giuseppe Civati. Come il consigliere regionale lombardo è fortemente contrario al rilascio di concessioni per la trivellazione e le estrazioni di gas e petrolio in mare, e molto favorevole a una legge che consenta di prevedere il proprio fine vita (alimentazione e respirazione forzata compresi) e all'incompatibilità di cariche pubbliche e private. Entrambi, poi, sono «tendenzialmente contrari» all'introduzione di un regime di resoponsabilità civile per i magistrati: «Il responsabile dell'azione della magistratura», dice Arrigo, «è lo Stato; è lui che risponde, non il singolo magistrato». Altro tema su cui c'è sostanziale accordo è l'introduzione di un «reddito minimo garantito» non inferiore ai 600 euro per chi sia senza lavoro e abbia rendito inferiore ai 7200 euro: nessuno degli interpellati si è detto «contrario» o «fortemente contrario». I dubbi maggiori sono venuti da Crosetto e Rao, entrambi «tendenzialmente» in disaccordo con la proposta. «E' un sogno incompatibile con il nostro bilancio», argomenta l'ex sottosegretario alla Difesa, «piuttosto diamo strumenti alle imprese perché possano assumere senza costi». Molto simili le posizioni di Crimi e Favia. E del resto il primo è candidato al Senato nelle liste lombarde del MoVimento 5 Stelle, il secondo ne è appena uscito (è la più celebre tra le «epurazioni») a seguito dei dissidi con il duo Grillo-Casaleggio. Non sorprende, dato che alcune domande nel test di Openpolis rappresentano battaglie storiche del M5S: dalle pene «severe» per il falso in bilancio al no al denaro pubblico ai partiti. Anche se Favia precisa: «Ma lo stato dovrebbe garantire i servizi per permettere loro di farsi conoscere, dei fondi standard per tutti». Meno scontata la consonanza di vedute in tema di «flexsecurity», verso cui non c'è una ostilità pregiudiziale, ma una presa d'atto, ben riassunta dal collega di Rivoluzione Civile e segretario di Rifondazione Comunista, Ferrero. Ferrero si dice «molto contrario» (favorevoli, pur se con diverse sfumature, i due ex compagni di attivismo): «Considero una pura presa in giro che si faccia un parallelo tra Italia e Danimarca», argomenta, «dove hanno l'80% della forza lavoro maschile e femminile occupata, mentre in Italia è il 57% e adesso è forse intorno al 50». L'unica differenza di rilievo tra Favia e Crimi emerge su indulto e amnistia: «favorevole» il primo, «tendenzialmente contrario» il secondo. Il più fuori scala di tutti è Arrigo, candidato nel movimento di Oscar Giannino. Tra Pd e Centro Democratico, molto più vicino ai Radicali che a Fare, il lombardo a caccia di un posto a Montecitorio parla, come i democratici, di impossibilità dell'abolizione dell'Imu, ma al contempo della necessità di un suo rimodellamento: «Va adeguata alla dimensione delle famiglie», dice; «La vogliamo togliere a 2/3 degli italiani, a partire dai più bisognosi», la posizione di Giuseppe Civati. Come il consigliere regionale lombardo è fortemente contrario al rilascio di concessioni per la trivellazione e le estrazioni di gas e petrolio in mare, e molto favorevole a una legge che consenta di prevedere il proprio fine vita (alimentazione e respirazione forzata compresi) e all'incompatibilità di cariche pubbliche e private. Entrambi, poi, sono «tendenzialmente contrari» all'introduzione di un regime di resoponsabilità civile per i magistrati: «Il responsabile dell'azione della magistratura», dice Arrigo, «è lo Stato; è lui che risponde, non il singolo magistrato».

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