LA LOGGIA DELL'INCIUCIO

In una repubblica non più parlamentare, quando il Re parla, i media di regime si accodano ai suoi diktat. Sono passate appena 48 ore da quando Re Giorgio II ha incitato tutti a superare l’«orrore» indotto nei cittadini dagli ultimi venti anni di intese tra forze politiche avversarie («segno di una regressione», risultato di una «contrapposizione – fino allo smarrimento dell’idea stessa di convivenza civile – come non mai faziosa e aggressiva») ed ecco schiere di presunti intellettuali, che ovviamente si presentano come «terzi» e «imparziali», diffondere il verbo di Sua Altezza a gran voce, con tutti loro stessi. Prendete Ernesto Galli della Loggia che ieri, sul Corriere, con un editoriale dal titolo Il sospetto universale, ha analizzato la «categoria demonizzante» dell’inciucio. Affiancabile a quella dei «misteri d’Italia» e connessa alla tematica del «grande complotto», essa si caratterizzerebbe in primis per l’indeterminatezza: l’inciucio non richiede infatti alcuna prova, legato com’è soprattutto al non fare, la mossa principale del complice che favorisce il «nemico». Già, «nemico», perché gli strenui oppositori all’inciucio, secondo l’intellettuale, hanno una visione bellica della democrazia, basata solo sull’indignazione che sottopone i possibili complici – come i Franceschini e i Fassina degli ultimi giorni – a veri e propri «dileggi parasquadistrici». Per esemplificare questa visione della democrazia in Italia basta considerare il caso di Berlusconi: con lui, per questi esagitati, «se non si vuole passare per collusi il sistema è semplice: ogni sede pubblica deve divenire l’anticamera di una Corte d’assise», in barba al fatto «che da vent’anni egli abbia un seguito di parecchi milioni di elettori (spesso la maggioranza)». Forse, ammette l’editorialista, siamo di fronte a «un problema della storia italiana», ma non si può pensare di affrontarlo solo col codice penale, come vorrebbero questi «custodi della democrazia eticista»: la soluzione – conclude il politologo – deve essere esclusivamente politica. Porgendo i nostri più vivi complimenti per la dotta analisi, la cui sostanza continua vieppiù a diffondersi nel Paese tramite questi geni del pensiero, ci sentiamo in dovere di porre all’esimio professore alcune riflessioni: 1) Accettando pienamente il legame proposto tra l’inciucio e l’inattività della forza inciucista, a proposito dell’indeteriminatezza evocata, ci chiediamo se la celeberrima confessione di Luciano Violante in pieno Parlamento nel 2003 non sia una prova evidente dell’accordo tra il centrosinistra e il centrodestra dopo la caduta del primo governo Berlusconi. http://youtu.be/Tv37Mb4QOsM 2) Chi ha definito gli elettori del «principale schieramento a lui avverso» – per usare le parole del noto estremista Veltroni – dei «coglioni» (campagna elettorale del 2006) e dei «grulli» (elezioni del 2008), dicendo ad esempio che «la democrazia e la libertà nel nostro Paese non sono ancora garantite perché c’è un’opposizione che ancora sventola nelle sue bandiere i simboli del terrorismo e della tirannide sovietica» (21 novembre 2005), identificando anche durante le ultime elezioni gli avversari politici come «comunisti»? Senza scandalizzarsi per queste offese, non è forse normale che, in politica, due visioni antitetiche del mondo si confrontino anche molto aspramente ed escludano possibili dialoghi sulla semplice base della logica dell’incompatibilità ? 3) Possibile che in Italia chi si oppone al sistema usando unicamente la voce e le urla (almeno per il momento: se si va avanti così, forse avremo il salto di qualità…) debba sempre essere ricondotto, come se nulla fosse, al fascismo? Non rientra anch’esso nella grande «categoria demonizzante» aspramente criticata dall’editoriale? 4) In generale, il potere legislativo e giudiziario, oltre che la logica, hanno ancora valore in Italia? Se il mai abrogato decreto del Presidente della Repubblica del 30 marzo 1957 n. 361 con l’articolo 10 certifica l’ineleggibilità dei concessionari di Stato, possiamo dire che Berlusconi è formalmente ineleggibile? Tralasciando poi gli altri processi e le prescrizioni ottenute solo con le attenuanti generiche (che, secondo la sentenza 50969 della Corte di Cassazione del 21 maggio 1996, impongono il «riconoscimento di colpevolezza dell’imputato»), cosa dovremmo dire pubblicamente parlando di lotta all’evasione fiscale – uno dei grandi problemi dell’Italia – al promotore di svariati scudi fiscali e condoni tombali, al più volte difensore della stessa («Se si chiede una pressione del 50% ognuno si sentirà moralmente autorizzato ad evadere», 17/04/2004), al condannato in primo grado per il medesimo reato a 4 anni e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni , se non un bel «fatti processare e, se sarà il caso, costituisciti»? 5) La legittimità popolare implica automaticamente un salvacondotto giudiziario? Uno che è entrato in politica con procedimenti giudiziari già in corso mentre era sull’orlo del fallimento (prima della discesa in campo andava in giro a dire a Biagi e Montanelli: «Se non entro in politica, finisco in galera e fallisco per debiti») può invocare immediatamente la dissoluzione di tutti i suoi problemi solo perché investito dal consenso elettorale (peraltro illegittimamente: cfr. il punto 4)? Se il sistema non riesce o non vuole – è questa l’accusa dei «custodi della democrazia eticista» agli inciucisti – far rispettare le regole in vigore, cosa dobbiamo fare? Occorre ricordare che, formalmente, le grandi dittature del Novecento (comunismo, fascismo e nazismo) hanno ottenuto il potere dopo elezioni formalmente libere? 6) Come può la politica essere la soluzione di un «problema della storia italiana» che si protrae ormai da vent’anni, senza mutamenti sostanziali, avendo impregnato l’intero tessuto del Paese? Come può un alcolista pensare di guarirsi da solo, continuando a bere? Esimio luminare del pensiero, non siamo di fronte a palesi contraddizioni in termini? A tutti i Galli della Loggia in giro per il Paese, perfetti esempi dell’imparzialità italiana: ma non vi passa per la mente che, molto semplicemente, se due partiti si picchiano duro per anni, prendendo i loro consensi soprattutto contrapponendosi all’avversario diretto - almeno a parole - può apparire assurdo agli occhi dei loro elettori più critici che, senza offrire alcuna giustificazione pubblica, poi si mettano assieme, salvandosi a vicenda? Non pensate che anche chi vota abbia il diritto di non vedere insultata la sua intelligenza? ALESSANDRO BAMPA P.S. 1. Nessuno mette in dubbio la legittimità di Napolitano di pensare ciò che vuole, soprattutto se si considera che, dal massimo esponente del migliorismo, non ci si può aspettare altra opinione in materia, come conferma del resto il paragone della situazione italiana odierna a quella precedente il compromesso storico col quale Re Giorgio ha implicitamente (e ridicolmente) provato a innalzare Berlusconi e Bersani a novelli Moro e Berlinguer; di qui a chiedere alla stampa di silenziarsi e di omologarsi al pensiero unico, come ha fatto oggi («Tutti cooperino, anche i mezzi di informazione, per favorire il massimo di distensione piuttosto, che rinfocolare vecchie tensioni, per il bene del Paese»), però, ne passa, soprattutto tenendo presente che molti giornalisti non necessitano di alcun ordine, proni come sono ai desiderata di sua maestà. P.S. 2. Così parlò il 18 settembre 2005 Enrico Letta, il Presidente del Consiglio incaricato oggi: «Sembrerà assurdo, ma se non si era ancora capito, io sono un grande fan di Berlusconi. Berlusconi ha fatto la storia d’Italia degli ultimi 10 anni, anche se vo rrei che fosse meno sborone e raccontasse meno balle agli italiani. [...] Mantengo una linea molto critica con Berlusconi, ma vorrei fargli un appello inedito. Vorrei, a prescindere dall’esito delle prossime elezioni, dicesse subito che lui si impegna a rimanere nella vita politica italiana e a mantenere la sua leadership del Polo. Perché il mio grande timore è che un Berlusconi che pareggi o perda faccia un biglietto per Tahiti. Se Berlusconi facesse questo gesto sarebbe la tomba del bipolarismo italiano. Farebbe precipitare il centrodestra indietro di 10 anni». Poi siamo noi a pensare male…

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