L'ITALIA E IL GIOCO PERVERSO DI VOLER SEMBRARE RICCHI

L'imminente braccio di ferro di Letta con Merkel rivela in sottofondo il carattere dei due paesi. Davvero nessuno vorrebbe essere nei panni di Enrico Letta che tra un mese, al Consiglio europeo, dovrà spiegare ad Angela Merkel perché abbia restituito l’Imu, bloccato l’aumento dell’Iva, finanziato la cassa integrazione in deroga ma non riformato il mercato del lavoro, rimodulato il sistema fiscale, innescato la ripresa economica secondo principi liberali e non assistenziali. E il problema non sarà certo che i tedeschi non ci capiscono, perché al contrario ci capiscono fin troppo bene, ci leggono persino dentro, come diceva Curzio Malaparte, nato Kurt Erich Suckert, «l’italiano è un capomatto/ che per un po’ di libertà/ d’ogni cosa fa baratto / anche di quello che non ha». E per questo i tedeschi diffidano e forse in fondo, talvolta ricambiati, un po’ ci disprezzano pure. Da una parte c’è il paese dei diritti, dall’altra quella dei doveri. Nel paese dei diritti la politica promette assistenza per la sussistenza, cassa integrazione in deroga e reddito di cittadinanza, restituzione dell’Imu che vale quattro spiccioli che nessuno si metterà a spendere. Eppure il popolo dei diritti insegue avido queste mollichine di pane scivolate a terra, mentre, come i capponi di Renzo sballonzolati a testa in giù, nelle piazze e in Parlamento, nelle facce di Kabobo e di Preiti, dei disperati e dei matti, i capponi-italiani destinati a finire in cucina «s’ingegnano a beccarsi l’uno con l’altro, come accade troppo sovente tra compagni di sventura». E dunque la nazione dei proci si accontenta delle briciole carambolate giù dal desco imbandito di populismo, “se potessi avere/mille lire al mese…”, e non insegue l’orizzonte faticoso delle riforme che portano alla vera ricchezza, non rinuncia ai piccoli privilegi miserabili delle mille caste italiane, vive come una minaccia l’idea di quei sacrifici che pure farebbero ripartire l’economia stanca della nazione sfinita. E perché mai dunque dovrebbe sorridere, amorevole e comprensiva, la signora Merkel? Nel paese dei doveri se non fai non meriti, non c’è premio senza sforzo, la politica parla il linguaggio crudo della responsabilità, non conosce vaffa né casta, e Beppe Grillo a Berlino forse agiterebbe solo incassi nei teatri e non livori plebei nelle piazze. Nel paese dei diritti sono di più quelli che non pagano le tasse rispetto a quelli che le pagano, e le tasse non sono viste dagli italiani come spese di mantenimento della comunità ma sono vissute come balzelli cui è lecito sfuggire; perché nelle tasse c’è quella confusa e mal realizzata idea che la salute, l’ordine pubblico, la scuola, il lavoro e la vita stessa siano servizi che lo stato deve garantire e riqualificare. Nel paese dei doveri invece chi non paga le tasse è un ladro e basta, e poi va pure in prigione, senza passare dal via, talvolta ancora prima del processo. E sono i ricchi, i potenti e i famosi a finire in manette, perché anche lì l’evasione da carcerare è sempre milionaria come in Italia, fatta di ville sgargianti in Kenya e d’investimenti occulti a Dubai, soldi all’estero e fondi neri, milioni di euro consegnati ai Madoff dei Parioli, ai truffatori che li occultano agli occhi dello stato, spavalderia e barche di lusso ormeggiate in Sardegna. Ma il paese dei doveri è democratico, e non conosce l’oligarchia dei diritti. La giustizia non è bendata soltanto nelle statue che la raffigurano di fronte ai Tribunali, non sa cosa sia la casta né fa distinzioni di censo, la giustizia è veloce ed implacabile, non ci sono abusi né sotterfugi. Nel paese dei doveri le relazioni e le aderenze non comportano condiscendenza, non esistono compiacenze e parentele, dilazioni, ritardi, legittimi impedimenti, nessun garbuglio da azzeccare, la furbizia non è virtù nazionale e l’ossimoro non è elevato a scienza politica. In prigione per evasione fiscale ci vanno il padre della super tennista Steffi Graf, e ci va pure il presidente del Bayern Monaco, Uli Hoeness, che da eroe delle masse l'altra sera ha vinto la coppa dei campioni ma da ladro di tasse ha dovuto sborsare al fisco 5 milioni di euro, d’ambleé, per evitare il gabbio immediato. Pare che il cantante napoletano Massimo Ranieri abbia evaso le tasse anche lui, che sia indagato a Roma per dichiarazione infedele dei redditi. E sarà anche questa una storia lunga, c’è da scommetterci, di avvocati e di perizie, di colpi di scena e ritrattazioni, di torpori annebbianti, di processi e lungaggini giudiziarie, di strepiti giornalistici. A proposito, che ne è stato delle tante calciopoli italiane? «L’Arcitaliano non ha paura/ della legge di natura/ e talvolta egli corregge/ la natura della legge». Il paese dei doveri indossa la maschera rigida d’una cancelliera prussiana, tutta d’un pezzo e seria seria, obbligata a difendere la prosperità del suo paese dallo scialacquio mediterraneo perché solo chi ha sofferto e sudato, chi ha fatto le riforme mentre gli altri spendevano inerti, chi ha riunificato un paese a brandelli, sa da quale tremendo pozzo di sacrifici derivino quella ricchezza e quella forza che oggi si riflettono nel mondo attraverso i nomi di Volkswagen e Thyssenn-Krupp, di Mercedes Benz e Siemens e Bosch e Carl Zeiss, tecnologia e acciaio, software e automobili, innovazione e complessa modernità, componentistica d’avanguardia, fino ai semplici e morbidi fazzoletti di carta Tempo che tutti, anche in Italia, usano per asciugarsi il naso quando fa freddo d’inverno. Anche il paese dei doveri, come il paese dei diritti, ha avuto l’euro e la grande coalizione, ma ne è uscito più forte di prima. Il paese dei doveri è ricco e prospero, mentre il paese dei diritti ha inventato la dolce vita per occultare la vita agra, sembrava ricco senza forse esserlo davvero. E’ mille volte meglio essere ricchi che sembrarlo. Ma se un uomo o una nazione non posseggono le umili virtù o non colgono le occasioni necessarie per conquistare e accumulare la ricchezza, che cosa devono fare? Forse soltanto imitare, appunto, come diceva Luigi Barzini in un libro bello e un po’ bugiardo che si intitola “Gli Italiani”. E l’arte di sembrare ricchi, come sanno bene i politici del nostro paese, è stata coltivata in Italia come in nessun altro paese del mondo. Si tratta di un gioco rischioso. Può durare per un certo periodo di tempo, magari anche per moltissimo tempo, ma non per sempre. Poi finisce male.

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