CI VORREBBE SCILIPOTI

Per arrivare ai numeri certi di maggioranza chiesti da Napolitano Bersani dovrebbe affidarsi al Gal, il gruppo Grandi autonomie e liberta, formato da pidiellini, più un paio di leghisti. I dieci voti dei nuovi 'Responsabili' (senza tradimenti né compravendite) più i 21 di Monti, gli consentirebbero di arrivare al fatidico numero 159 per il Senato. Possono essere i nuovi Responsabili, i nuovi Scilipoti senza compravendite e senza tradimenti. Si sono costituiti come gruppo parlamentare al senato mercoledì 20 marzo, proprio mentre Giorgio Napolitano iniziava le consultazioni. Per ora sono in dieci: piccoli indiani, che hanno però in mano il golden number. Con il loro voto – che però arriverebbe solo con il placet di Berlusconi - possono risolvere al pre-incaricato Pier Luigi Bersani il più intricato tra i suoi problemi: quello di poter aspirare a una maggioranza numerica sia pur risicatissima anche a Palazzo Madama (con il loro appoggio, e quello dei 21 senatori di Monti, arriverebbe a 159). Una tra le condizioni, quella dei numeri, che il capo dello Stato ha posto (parlando di «sostegno parlamentare certo») per dare al segretario Pd un mandato pieno a formare il governo. Il gruppo si chiama "Grandi autonomie e libertà" (Gal), ed è formato per la maggioranza da pidiellini, più un paio di leghisti: il capogruppo è Mario Ferrara, già forzista della prima ora, alla quinta legislatura e, negli ultimi due anni, membro di Coesione nazionale (dunque un esperto del ramo, visto che il gruppo fu tra quelli che tennero in piedi Berlusconi nel dicembre 2010); ma ci sono anche il leghista Jonny Crosio e Gian Marco Centinaio, l'ex liberale poi ccd Luigi Compagna, il democristiano Antonio Maria Scavone che nel 1992 fu eletto con la Dc, l'ex forzista Giovanni Mauro che nel 2001 fu eletto con la celeberrima lista scajoliana "Abolizione dello Scorporo", il socialista pidiellino Lucio Barani. A costoro Bersani dovrebbe affidarsi in Aula? L'ipotesi è allo studio. E del resto - a parte un governo di minoranza che si reggerebbe su astensioni e assenze - non ve ne sono molte altre possibili, vista la persistente chiusura dei grillini. Si tratterebbe, peraltro, di una mossa concordata tra partiti. Lucio BaraniBarani spiega infatti che "qualsiasi decisione sarà presa in armonia con il Pdl". Nessun tradimento, figuriamoci. Gal, nel caso in cui si trovasse la quadra, diverrebbe insomma una sorta di prestito di garanzia - come per altro verso potrebbe essere la Lega, secondo un'altra ipotesi non tramontata. Sarebbe il punto di contatto tra un Pd che col Pdl non vuol allearsi, e un centrodestra che nella partita governo-risorse-Quirinale vuol entrare in qualche modo. Quei senatori sarebbero il corrispettivo numerico della porzione di riforme e provvedimenti sui quali Pdl e Pd possono trovare un accordo. Sarebbe insomma il modo per rendere possibile quel «doppio binario» tra governo di centrosinistra e larghe intese parlamentari del quale ha parlato Bersani; un doppio binario che è anche nella testa del capo dello Stato, che venerdì ha parlato di «necessità di larghe intese a complemento del processo di formazione del governo che potrebbe concludersi anche entro ambiti più caratterizzati e ristretti». Nella forza dei numeri, più che nella loro qualità, del resto, Napolitano ha mostrato di riporre fiducia. La maggioranza sulla quale si reggeva il governo Berlusconi era pur sempre una maggioranza, anche nel corso del lunghissimo anno in cui ha camminato sui piedi di Razzi e Scilipoti: e le pressioni perché il Cavaliere si dimettesse, il capo dello Stato le ha esercitate solo quando nel novembre 2011 è stato certificato dai numeri che anche quella incerta maggioranza non c'era più. E non a caso, venerdì, sempre Napolitano ha richiamato «eloquenti, appropriati e non lontani precedenti», alludendo a quel governo D'Alema che, nel 98, vide la luce solo grazie ai voti delle truppe mastellate di Cossiga: pochi, maledetti (per la sinistra), ma determinanti. Si risolverà, Bersani, ad infilarsi nella tanto oscura selva del Gal? In queste ore, tra lunghe consultazioni e fiorenti liste di ministri, ci sta riflettendo. La possibilità è sul tavolo, i rischi anche.

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