L'Italia è stremata, il Pd parla di inciucio
Democratici al di sotto della situazione. Gli otto punti non convincono, D'Alema lunare, Renzi se ne va. Governo, in salita la strada per Bersani.
C'è poco da ridere dopo la direzione Pd. Eh sì, perché molti italiani vorrebbero distendersi un po'. Ma non si può. Non si vede nulla all'orizzonte. Bersani ha messo in fila i suoi otto punti: tanta buona volontà e buon senso, quello che le circostanze richiedevano, ma quanto a slanci, passione, sfida poco poco. Ha vinto e perso le elezioni, difficilmente potrà aprirsi varchi ora. E poi con chi? Che Dario Fo sia stanco si capisce da quel che dichiara, e cioè che il Movimento Cinque Stelle incarni una rivoluzione. La "grillada" è semplicemente la faccia cattiva di un'Italia sderenata, come si dice a Roma con un termine molto calzante. Per il resto, la metà di coloro che hanno scelto d'impeto di votare Grillo si sono già pentiti; i due terzi che non lo hanno fatto sono seriamente seccati dall'essere tenuti in ostaggio.
Renzi se n'è andato presto dal parlamentino pd. Deve aver percepito l'aria... Ancora una volta il dopo è accartocciato più sulle affermazioni di D'Alema che sugli otto punti, sarebbe da chiedere quanti li tengano realmente come consegna. Come tante altre volte. Si attendeva lo scuotimento dell'albero, è arrivato un arroccamento orgoglioso alla luce dei fatti privo di alcun senso. L'ex di tutti gli incarichi ha perso tempo a sottolineare che non è bello stare a sentire un ex comico di 65 anni. Fuori c'è il disastro, ma che bello dirsi se è inciucio o meno dialogare con la destra... Il problema non è il contenitore, ma il contenuto. Se la politica si riduce a battuta, schermaglietta... D'Alema aveva minacciato sfracelli se avesse vinto le primarie Renzi, scissioni, battaglie all'arma bianca. Quanta stoltezza si è vista sotto questo cielo, ma nessuna autocritica si è udita ieri. Quando il sindaco di Firenze dice che non si è rottamato abbastanza, si riferisce non solo alle persone, non proprio, ma a un pensiero, ad un atteggiamento, alla pretesa autosufficenza e autoreferenzialità di certa politica. Quelle per cui davanti a questo disastro qualcuno sente ancora il bisogno di moti d'orgoglio. Per cosa? Quando un partito per gli ultimi quindici anni concentra le proprie divisioni sulle tesi di Ichino (che poi si candida con Monti), oscure al 98% degli italiani e al 98% degli italiani che votano Pd; quando a dieci giorni dal voto Bersani dice che si dovrà governare con Monti, guardando in faccia solo il lunedì dopo le elezioni il livello di sfilacciamento sociale creato dall'agenda Monti (di cui nessuno parla più, a parte Umberto Ranieri); quando succede tutto questo vuol dire che c'è un'inesorabile implosione corrosiva.
Bersani avrà anche l'incarico da Napolitano. Ma siamo certi che non arriverà a fare un governo. Non ci sono le condizioni, interne ed esterne al suo partito. Ancor più dopo la direzione di oggi.
Stefano Carluccio
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