IL PAPA E LA PRESIDENTA, IL PERONISMO DIVIDE ANCORA
Per i Kirchner, Francesco era il capo dell’opposizione. Cristina teme un calo di consensi.
Secondo Néstor Kirchner, l’ex presidente dell’Argentina oggi guidata dalla sua vedova Cristina, Bergoglio era “il capo dell’opposizione”. I rapporti fra l’arcivescovo di Buenos Aires e i coniugi presidenziali del grande Paese latinoamericano, non sono mai stati buoni. Si dice che Cristina quando ha ricevuto la notizia dell’elezione di Bergoglio, non sia stata troppo felice e abbia dato la notizia spiegando che era stato eletto un Pontefice sudamericano, nemmeno argentino. Quella dei rapporti difficili fra Néstor, scomparso nel 2010, e la Chiesa argentina di cui fino a non molto tempo fa Bergoglio era il capo (è stato il presidente dei vescovi fino al 2011), è anche una disputa interna alle correnti del peronismo nella sua accezione di ideologia popolare e populista.
Bergoglio, come la coppia presidenziale, è stato un leader attento alle condizioni di vita degli argentini in anni in cui il Paese ha vissuto momenti di crisi profonda, di ripresa e poi nuovamente di difficoltà economiche crescenti. E ora la presidenza di Cristina sta nuovamente navigando in acque incerte, la crisi colpisce duro e l’elezione a Pontefice della personalità che in Argentina con più evidenza si è contrapposta alla famiglia Kirchner, potrebbe segnare la fine del consenso per Cristina. I due si vedranno comunque lunedì nella Casa di Santa Marta, la residenza dei cardinali posta all’interno del Vaticano dove hanno alloggiato i grandi elettori del Papa. Sono due caratteri forti e convinti fino in fondo delle loro ragioni, c’è un’estrema possibilità che Cristina cambi strategia, diventi più diplomatica, abbracci il papato. Ma è complicato perché la storia del potere dei Kirchner è anche il racconto di una coppia presidenziale – Néstor ha governato dal 2003 al 2007 ed è morto nel 2010 - che ha vinto diverse battaglie politiche andando allo scontro frontale e raccogliendo consenso lungo questo cammino.
Bergoglio, negli anni, ha costruito una complessa rete di alleanze fra ambienti del peronismo moderato, contrario a Kirchner, e pezzi di chiesa terzomondista, di associazioni e gruppi impegnati nel sociale. L’arcivescovo di Buenos Aires, si colloca, anche all’interno della Chiesa argentina caratterizzata nella gerarchia da posizioni non di rado fortemente conservatrici, come un uomo di centro proiettato sui grandi temi sociali. Kirchner è piuttosto l’erede di un peronismo di sinistra, con venature radicali. L’arcivescovo ha così ingaggiato battaglia su diverse tematiche come il contrasto alla prostituzione, la lotta contro il lavoro sottopagato e privo di diritti nelle grandi aziende, l’impegno per fermare la diffusione del traffico di droga nei quartieri poveri delle città argentine. Kirchner e il suo entourage risposero cercando di accreditare un coinvolgimento di Bergoglio con la dittatura militare (che perdurò dal 1976 al 1983), un argomento pesante che si avvaleva di circostanze storiche più generali: vale a dire i rapporti e i contatti che intercorsero fra una parte significativa delle alte gerarchie ecclesiali e i generali. La questione resta complessa e tuttavia le parole pronunciate in proposito dal premio nobel Adolfo Perez Esquivel hanno avuto grande eco in Argentina. Perez Esquivel, che fu catturato e torturato dai militari argentini ed è un leader storico della lotta per i diritti civili in America Latina, è anche noto per non aver risparmiato alla Chiesa critiche dure. Il fatto che lui – e in questi giorni altri testimoni di primo piano - abbiano scagionato Bergoglio da quelle accuse, ha comunque il suo peso.
Il punto più alto dello scontro fra il potere presidenziale e l’arcivescovo di Buenos Aires è stato però raggiunto sul piano simbolico. Il 25 maggio, per tradizione, in Argentina si celebra una messa del Te Deum organizzata congiuntamente da chiesa e governo. Dal 2005 Néstro Kirchner rinunciò a prendere parte alla celebrazione nella cattedrale di Buenos Aires e preferì andare in altre chiese dello Stato. Successivamente, con Cristina, la rottura della tradizione è andata avanti – sia pure con una breve interruzione – per toccare il culmine in occasione della messa per il bicentenario della nascita dell’Argentina nel 2011. D’altro canto, un altro punto di scontro, come è noto, è quello relativo all’approvazione dei matrimoni omosessuali da parte del Parlamento argentino. Si è trattato di una legge epocale per l’America Latina, dove per altro la normativa su tematiche ‘sensibili’ come l’aborto e le coppie dello stesso sesso, è in forte evoluzione. In quei mesi lo scontro con la chiesa fu forte, Bergoglio si oppose al provvedimento, anche perché, seppure favorevole a una mediazione sulla normativa, venne incalzato dalla destra del suo stesso episcopato guidata da Hector Aguer, vescovo di La Plata, che puntava a succedere – senza successo – a Bergoglio alla guida dei vescovi argentini.
Fra Francesco e Cristina, dunque, lo scontro è stato piuttosto duro ed è andato avanti per circa un decennio. Fra l’altro la forte vicinanza mostrata in conclave e poi subito dopo fra lo stesso Bergoglio e il cardinale Claudio Hummes, l’ex arcivescovo di San Paolo, aveva – oltre a un significato di fraternità ecclesiale - anche il senso indiretto di una vicinanza fra Bergoglio e il governo del Brasile, visto che Hummes è stato amico e educatore di Ignacio Lula da Silva, il padrino politico di Dilma Roussef, l’attuale presidente dl Brasile. E’ all’interno di questa rete di connessioni, rapporti, inimicizie e storie politiche che si svolgerà lunedì l’incontro fra Cristina e Francesco, la presidente e il Papa. L’America Latina che torna al centro del mondo.
Stefano Carluccio
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