Il prossimo governo? Probabile Monti-bis. Tutti contenti: Cav, Pd, Napolitano. E Grillo

E se restasse Mario Monti almeno fino all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica? L’ipotesi – prospettata da non pochi costituzionalisti – negli ultimi giorni sembra concretizzarsi soprattutto per un motivo: Pier Luigi Bersani, dopo il niet di Grillo e dei Cinque Stelle ad un accordo per un governo di scopo, non ha i numeri. Ergo: difficilmente Napolitano gli darà l’incarico di formare il nuovo esecutivo (il rischio è che poi non ottenga la fiducia al Senato). Tutto, dunque, potrebbe tornare nelle mani del bocconiano (che, come sappiamo, gode di grande stima presso il Quirinale). E a questo punto il dubbio: e se i Cinque Stelle stessero “lavorando” (in maniera velata) proprio per tenere Monti a Palazzo Chigi? In questo modo, infatti, si andrebbe al voto il prima possibile (a novembre, se non a maggio) con ottime possibilità che il boom stellato sia ancora più forte. Una strategia (legittima) elettorale. Ma poco politica. “Solo nel Paese delle Meraviglie fai un anno di governo tecnico, due mesi di campagna elettorale, le elezioni, e poi non sai chi ti governa”. Ironico ma non troppo, Maurizio Crozza. Nulla di più vero nelle sue parole: a distanza di una settimana dal voto – a causa senz’altro di un’orrenda legge elettorale – gli italiani non sanno chi, da qui a dieci giorni, sarà il prossimo Presidente del Consiglio. Una situazione imbarazzante che lascia aperte mille possibili strade, analizzate, sbrogliate, indagate da tanti cronisti e costituzionalisti nei giorni scorsi. Governo Pd? Governo Pd più Cinque Stelle? Governo Cinque Stelle? Governissimo Pd – Pdl? Tante le ipotesi, tutte potenzialmente realizzabili. Compresa una, la più sottovalutata ma, alla luce di quanto accaduto negli ultimi giorni, probabilmente la più (drammaticamente) concreta. Stiamo parlando della possibilità che a risiedere a Palazzo Chigi sia ancora Mario Monti. Impossibile, si dirà: il professore bocconiano ha ottenuto uno sterile dieci per cento alle consultazioni elettorali. Vero. Così com’è vero, però, che la situazione attuale rende il ritorno di Monti l’unica soluzione realmente al vaglio. Cerchiamo di capirci ripartendo dalla tanto famosa conferenza di Pier Luigi Bersani dopo i risultati elettorali: il segretario Pd, prima in maniera velata poi accentuando sempre di più il suo volere, ha aperto a Grillo per un cosiddetto governo di scopo. Peccato, però, che il comico-politico abbia rifiutato la proposta: i Cinque Stelle, coerenti con la loro linea, non si alleano con partiti. Sì, invece, al sistema Crocetta: si voterà legge per legge. Piccola precisazione che, forse, sarà sfuggita ai più (a cominciare dagli stessi attivisti): il Parlamento funziona un po’ diversamente rispetto ai consigli regionali dato che, prima di votare una qualsivoglia legge, dopo che i ministri hanno ricevuto l’incarico dal Presidente della Repubblica, il governo deve ottenere la fiducia e alla Camera e al Senato. Una sorta di fiducia preventiva, dunque, che anticipa ogni proposta di legge, ogni disegno di legge. Ergo: a cosa serve dire “votiamo legge per legge” se comunque non si può prescindere dal voto di fiducia? Non è infatti ancora chiaro cosa possano fare i Cinque Stelle. A quanto pare, se Napolitano dovesse dare l’incarico a Bersani, non voterebbero a favore: non si sa se si asterranno, voteranno contro, o usciranno dall’aula. In tutti i tre casi, però, il rischio è che il governo cada prima ancora di nascere. Nel caso dovesse accadere una cosa del genere, lo stallo sarebbe clamoroso dato che Napolitano non potrebbe comunque sciogliere le Camere siccome siamo nel cosiddetto “semestro bianco” previsto dall’articolo 88 della Costituzione (“Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato”). Insomma, una situazione che ha del surreale. Ecco, allora, il motivo per cui, partendo proprio dal niet di Grillo ad un accordo con Bersani (o perlomeno alla fiducia preventiva), l’unica opportunità è che si torni (ancora) ad un governo tecnico. Ad ammettere la concretezza di quest’ipotesi gli stessi attivisti. “Qualunque proposta alternativa al governo dei partiti, noi la valuteremo”, ha detto il capogruppo in pectore al Senato di M5S, Vito Crimi, in conferenza stampa. “Non sta a noi - ha aggiunto - individuare il governo. Non siamo la coalizione che dice di aver vinto le elezioni e sta a chi dice di aver vinto le elezioni e a Napolitano di individuare un governo”. Insomma, i Cinque Stelle ripongono la loro fiducia in mano al tanto bistrattato (fino ad ora) Presidente della Repubblica. Un’apertura ancora più netta c’è stata da un’altra attivista deputata, come racconta La Stampa. “Non c’è niente che impedisca di tenere ancora lì Monti per qualche mese, mentre il Parlamento fa delle leggi. Se sono buone leggi, noi le votiamo. Naturalmente presto si torna a votare”, avrebbe detto. Qualche attivista convinto, però, potrebbe controbattere: proprio oggi Grillo ha precisato “no a governi tecnici”. Vero. Ma non ha detto “no ad un Monti-bis”. Riprendiamo, allora, per intero, quanto detto da Grillo: “Il M5S non darà la fiducia a un governo tecnico, né lo ha mai detto. Non esistono governi tecnici in natura, ma solo governi politici sostenuti da maggioranze parlamentari. Il governo Monti è stato il governo più politico del dopoguerra, nessuno prima aveva mai messo in discussione l’articolo 18 a difesa dei lavoratori. Il presidente del consiglio tecnico è un’enorme foglia di fico per non fare apparire le vere responsabilità di governo da parte di pdl e pdmenoelle”. Il discorso è chiaro: no a governi tecnici, vero. Con la precisazione, però, che lo stesso governo Monti non è stato affatto un esecutivo tecnico, ma appunto politico. Insomma, se la chiusura è stata secca su un governo tecnico, non lo è stata su un governo Monti (o comunque su un governo nominato da Napolitano). Mario Monti premier, insomma. Ancora una volta. L’ipotesi, d’altronde, piacerebbe certamente anche a Napolitano, la cui stima per il professore bocconiano è cosa risaputa. Una soluzione, questa, che soddisferebbe anche il Pdl, altrimenti costretto al ruolo di opposizione (dopo il secco rifiuto dell’ipotesi governissimo). I democratici, invece, dopo la scottatura delle elezioni, non potrebbero far altro che accettare di raccogliere le briciole: caduta la possibilità di un esecutivo guidato da Bersani, l’unica è riaffidarsi a Monti e sperare che questi conservi alcuni ministeri – magari i più strategici – a uomini designati dai Dem. Insomma, la soluzione Monti-bis potrebbe trovare tutti d’accordo. Segni distintivi in tal senso, d’altronde, sono stati dati proprio ieri dallo stesso Monti il quale ha invitato a Palazzo Chigi per il vertice Ue non solo gli onorevoli Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani, ma anche il signor Giuseppe Grillo. La domanda, però – assolutamente tragicomica – sorge spontanea: perché Bersani no e Monti sì? Si incolpa il Pd – a giusta ragione – di aver appoggiato la scellerata politica economica e sociale dell’ultimo anno e si approverebbe la premiership dell’artefice della stessa politica? Una linea, questa, che non ha alcun senso e che, nel caso venga avvalorata dai fatti, non avrebbe alcuna logica. O, meglio, avrebbe solo e soltanto una logica elettorale. Spieghiamo. Un Monti-bis, infatti, non potrebbe che durare il tempo di modificare la legge elettorale, nominare un nuovo inquilino del Quirinale e aspettare che questi sciolga (nuovamente) le Camere. In quest’ottica sarebbe possibile tornare al voto anche a maggio o, al massimo, a novembre. Con ottime possibilità che il boom stellato sia ancora più forte. Anche perché la strategia Cinque Stelle potrebbe essere più sottile di quanto sembri: nel caso in cui sia Monti a tornare a Palazzo Chigi, molto probabilmente questi riuscirebbe ad ottenere la fiducia contando sui voti di Pd, Pdl e Terzo Polo. A quel punto M5S potrebbe anche tirarsi fuori, evitando così la figuraccia dell’appoggio al tecnocrate. Ottima strada per la campagna elettorale in vista del boom alle prossime elezioni. Insomma, se davvero M5S dovesse propendere – in maniera più o meno velata - per un governo tecnico guidato da Monti, la logica sarebbe solo quella elettorale. E non politica nel senso pieno del termine. Il bene comune, in altri termini, andrebbe a farsi benedire. Stefano Carluccio

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