Cosentino, la fine di un regno

Con l'esclusione dalle liste di «Nick 'o mericano» può cambiare tutta la geografia del potere in una regione decisiva. Dove l'ex sottosegretario aveva molti amici ma anche molti nemici Nicola CosentinoLe foto in coppia con il sodale di sempre Luigi Cesaro, i trionfi elettorali, osannato da folle di gente, le amministrazioni comunali conquistate e sottratte alla sinistra. L'età dell'oro di Nicola Cosentino, definito dall'antimafia napoletana come il referente politico del clan dei casalesi, sembra davvero finita. L'esclusione dalle liste del Senato del Pdl, decisa dal segretario del partito Angelino Alfano, è stata comunicata proprio da Luigi Cesaro, meglio conosciuto come Giggino a purpetta, anche lui indagato dalla procura partenopea che ha chiesto l'archiviazione, ma al centro di convergenti dichiarazioni di diversi pentiti di camorra. Insomma, la fine di un'epoca. Il tradimento che non ti aspetti, dall'amico di sempre. Mezz'ora prima della chiusura delle liste, Cesaro spiegava: «Ha rinunciato, non l'ho ancora sentito, il fatto che sia fuori è una cosa molto dolorosa, per tanti anni è stato leader politico di questo movimento». In realtà Cosentino, tra due giorni inizia un nuovo processo a suo carico dopo quello per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato fatto fuori. E questa volta non ha avuto lo scudo degli amici. «Andavo bene solo quando vincevo», avrebbe detto ai suoi l'ex sottosegretario. Luigi Cesaro, nella notte dei lunghi coltelli, si è girato dall'altra parte garantendosi un posto in lista, immunità certa in caso di riscontri giudiziari alle parole dei collaboratori di giustizia. Sembra l'epilogo di un regno, quello cosentiniano, che era riuscito a costruire classe dirigente, clientele e potere politico diffuso. Le conseguenze personali, certo, con l'immunità perduta e le porte del carcere che si aprono per "Nick o' mericano", ma ci sono anche i contraccolpi politici. Il nodo delle alleanze a livello locale e i fedelissimi pronti alla guerra interna. A partire dalla regione dove il presidente Stefano Caldoro è nemico acerrimo ma a viso aperto dell'ex sottosegretario. «In regione», racconta un frequentatore di Palazzo Santa Lucia, «Cosentino ha qualche consigliere come Angelo Polverino, Mafalda Amente, Domenico De Siano, ma non si temono strappi. Il vero potere, ormai, è nelle mani di Luigi Cesaro che gira il territorio oltre a mantenere due piedi in Parlamento». E poi: «Dal punto di vista umano sono mortificato, conosco Cosentino, è sotto mira della magistratura», racconta Domenico De Siano, consigliere regionale con 22 mila voti e oggi candidato al Senato: «Ma abbiamo una campagna elettorale da affrontare anche nel nome di Cosentino. Bisogna comprendere il dramma umano. Nessuno strappo, insieme con il Pdl». Per le politiche tornano candidati i fedelissimi di Nick come Carlo Sarro, senatore uscente, avvocato vicino alla famiglia Cosentino e Giovanna Petrenga, deputata uscente oltre ad una pattuglia di ex sindaci del casertano. Dice il consigliere regionale Angelo Polverino: «Il no a Nicola è dovuto solo ai sondaggi. Chi gioisce per la sua esclusione, è un criminale, un delinquente, ma era un sacrificio necessario per recuperare voti e consensi. Nessuna rottura nel Pdl». Lo strappo vero è con il commissario regionale Francesco Nitto Palma, che aveva garantito Nicola Cosentino fino all'ultimo. Gli avversari, come Stefano Caldoro, erano stati chiari fin dall'inizio chiedendo un suo passo indietro. Nicola Cosentino, nell'età dell'oro, aveva trascinato alla vittoria il Pdl nelle province di Napoli, Salerno, Caserta, consentito a Berlusconi la vittoria nel 2008 e conquistato la regione. Il lento sgretolamento del potere è iniziato, proprio con la rinuncia alla guida della Campania per le dichiarazioni dei pentiti e la richiesta di arresto per camorra, poi l'indagine sui falsi dossier ai danni di Caldoro, l'addio al posto di sottosegretario all'economia. Il logorio è arrivato con lo scioglimento per mafia di molte giunte che aveva benedetto da Gragnano a San Cipriano d'Aversa. Questa volta il regno cade e pezzi, un regicidio coperto dal silenzio degli amici di sempre nella notte dei lunghi coltelli. Stefano Carluccio

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